Strategie patrimoniali

Approfondirai le migliori strategie legali e fiscali per la gestione e la tutela del patrimonio aziendale e familiare. Verranno affrontate tematiche cruciali come il ruolo della holding, i possibili usi della società semplice, il trust, il contratto di affidamento fiduciario, i vincoli di destinazione, i modelli di governance sostenibile, il passaggio generazionale e il patto di famiglia.

Siamo al tuo fianco per proteggere il patrimonio aziendale e familiare

Scopri gli strumenti di pianificazione e protezione patrimoniale e come utilizzarli per ottenere vantaggi fiscali

Il prossimo webinar “Strategie patrimoniali” si terrà il

25 ottobre 2024 alle ore 15:00

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PAESI BASSI - INTERNAZIONALIZZAZIONE D'IMPRESA

di Team Global Investments

I Paesi Bassi offrono una serie di incentivi e vantaggi fiscali che, uniti alla trasparenza e alla cooperazione dell’amministrazione finanziaria, rendono il sistema fiscale molto attrattivo.

Aliquote

Nel 2024 l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società (corporate income tax) è pari al 19% per gli utili fino a 200.000 euro e al 25,8% per gli importi eccedenti.

Ambiente

I Paesi Bassi offrono interessanti opportunità in materia di investimenti ecologicamente sostenibili. Le aziende possono dedurre fino al 45% dei costi di investimento in beni ambientali qualificati, con vantaggi sia in termini di liquidità che di riduzione del carico fiscale.

ATR e APA

Per le imprese che si stabiliscono nei Paesi Bassi è possibile ottenere anche un Advance Tax Ruling (ATR) o un Advance Pricing Agreement (APA). Tali strumenti rappresentano una garanzia di trasparenza per le imprese, in quanto garantiscono certezza sul futuro trattamento fiscale delle operazioni internazionali.

Deduzione costi R&D

Per le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo è prevista un’importante deduzione fiscale. In particolare, sino ai primi 350.000 euro di costi opera una deduzione pari al 32%, con un’aliquota che può arrivare fino al 40% per le start up.

Expatriates

Al fine di attrarre gli espatriati con competenze specifiche e scarse sul mercato del lavoro nei Paesi Bassi, il sistema fiscale prevede un regime che consente alle aziende di offrire ai dipendenti stranieri un’esenzione fiscale del 30% del loro salario per un massimo di 5 anni.

Fiscal Unity

Il regime di consolidazione fiscale di gruppo consente alle società all’interno dello stesso gruppo di presentare una dichiarazione dei redditi consolidata. Ciò permette di compensare le perdite di una società con gli utili di un’altra e di trasferire attivi tra le società senza incorrere in tassazioni immediate.

Innovation Box

Gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo godono di incentivi vantaggiosi (c.d. Innovation Box). Nello specifico, è previsto che i profitti generati da tali attività (ad esempio, sviluppo di beni immateriali, quali brevetti o software) beneficiano di una tassazione inferiore rispetto a quella ordinaria. L’accesso a tale regime avviene nel rispetto di specifiche procedure e, in ogni caso, la sua applicazione è meramente facoltativa.

Participation Exemption

È il regime fiscale più attrattivo dei Paesi Bassi per le sedi delle multinazionali. La participation exemption prevede che la società madre è esente dal pagamento delle imposte sui dividendi e sugli utili realizzati tramite cessioni di partecipazioni qualificate. In questo modo, si evita che all’interno dello stesso gruppo di imprese si abbia una doppia imposizione, così favorendo gli investimenti esteri.

Trattati fiscali

I Paesi bassi hanno sottoscritto trattati fiscali con più di 100 Paesi al fine di ridurre o eliminare la doppia imposizione, nonché agevolare i flussi di dividendi, interessi e royalties. Inoltre, l’adesione all’Unione europea rende applicabili le direttive che facilitano i pagamenti transfrontalieri.


REVOCATORIA PER IL TRASFERIMENTO DI IMMOBILI NELL’ACCORDO DI SEPARAZIONE

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Quando è ormai troppo tardi e non si è previsto nulla in ottica di protezione del patrimonio, sovente accade che qualcuno consigli comunque ai coniugi in regime di comunione legale dei beni di procedere ad un accordo di separazione con atto di trasferimento di beni immobili in favore dell’ex coniuge o del proprio figlio, al fine di provare a salvare il salvabile quando i creditori dell’altro o di uno dei due bussano alla porta.

Sul punto, è bene sottolineare prima di tutto un aspetto molto interessante. Gli atti di trasferimento di beni immobili che vengano inseriti all’interno di un accordo di separazione e divorzio, non scontano alcuna tassazione. Ai sensi dell’articolo 19, Legge n. 74/1987, infatti, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, tutti gli atti che comportano il trasferimento di beni immobili in caso di separazione e divorzio. La descritta agevolazione fiscale risponde alla finalità di non gravare di ulteriori oneri le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale.

Ciò detto, occorre evidenziare che la soluzione da taluni prospettata, al netto del beneficio fiscale di cui si è appena detto, si rivela un rimedio peggio del male per la mera considerazione che, ove danneggi eventuali creditori, l’atto di trasferimento può essere revocato nel termine di cinque anni da quando è stato concluso. In particolare, i creditori possono esercitare l’azione revocatoria di cui all’articolo 2901 cod. civ. (c.d. actio pauliana) al fine di ottenere una pronuncia giudiziale di inefficacia degli atti di disposizione del patrimonio che arrechino un pregiudizio o mettano in pericolo le loro ragioni.

Appare evidente come la funzione di tale azione, dunque, sia analoga a quella di altri mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale (ovvero, l’azione surrogatoria e il sequestro conservativo), e cioè quella conservativo-cautelare della garanzia patrimoniale a favore dei creditori.

I presupposti dell’azione revocatoria sono l’esistenza di un valido rapporto di credito tra chi agisce in revocatoria e il debitore disponente; la conoscenza del pregiudizio in capo al debitore che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (c.d. scientia damni) o comunque, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, che fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; l’effettività del danno (c.d. eventus damni) consistente in un atto dispositivo del debitore in grado di alterare l’entità del suo patrimonio.

Inoltre, nel caso di atto a titolo oneroso, è richiesto che il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, in ipotesi di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione (c.d. partecipatio fraudis).

Per quanto concerne l’esistenza di un valido rapporto di credito, è stato precisato che l’articolo 2901 cod. civ. presuppone una nozione “lata” di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali criteri di certezza, liquidità ed esigibilità. Pertanto, anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare, sia che si tratti di credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito, l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore, precisando anche che non deve trattarsi di pretese che si rivelino prima facie pretestuose (cfr., Cass. n. 23208/2016; Cass. n. 5619/2016; Cass. n. 1893/2012; Cass. n. 20002/2008).

Al fine di esperire l’azione revocatoria, poi, non è necessario che la consistenza patrimoniale del debitore sia stata “totalmente compromessa, essendo sufficiente il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito (cfr., Cass. n. 2971/1999). Ciò significa che può trattarsi sia di una modificazione quantitativa del patrimonio, sia di una variazione qualitativa dello stesso.

Infine, con riferimento al requisito della partecipatio fraudis, è stato precisato come non sia necessario che il terzo sia a conoscenza dello specifico credito vantato nei confronti del disponente, essendo sufficiente che egli sia in condizione di conoscere l’esistenza, anche supposta, di una ragione creditoria che possa essere oggetto di rivendicazione (cfr., Corte d’Appello di L’Aquila, sentenza del 21 marzo 2024).

Inoltre, occorre evidenziare che nella fattispecie prospettata sussiste altresì il rischio che l’Agenzia delle entrate possa contestare la simulazione e procedere al recupero delle imposte non versate, fermo restando che su di essa grava il difficile onere della prova circa l’uso strumentale della separazione. Concludendo, nell’ottica di porre in essere validi strumenti di protezione patrimoniale, prima di “sposare” soluzioni dell’ultimo minuto (ad esempio, un eventuale accordo di separazione con atto di trasferimento di beni immobili in favore del proprio figlio) dirette a porre un argine all’aggressione da parte dei creditori, è necessario agire per tempo in modo da implementare strumenti che non possono essere in alcun modo oggetto di revocatoria.

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PROFILI FISCALI DELL’INTESTAZIONE FIDUCIARIA DI BENI IMMOBILI

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

L’ordinamento italiano è privo di una specifica regolamentazione in materia di intestazione fiduciaria. La giurisprudenza di legittimità (cfr., Cassazione n. 14654/2012) ha definito il negozio fiduciario come l’accordo tra due soggetti, con cui il fiduciante traferisce, o costituisce, in capo al fiduciario una situazione giuridica soggettiva per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, e con cui il fiduciario, per la realizzazione di tale obbiettivo, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, avendo un comportamento coerente e congruo.

Detto in altri termini, il negozio fiduciario è un contratto atipico mediante il quale un soggetto (fiduciante) trasferisce ad un altro (fiduciario) un diritto o la mera legittimazione al relativo esercizio, sulla base di un accordo (c.d. pactum fiduciae) che vincola le parti, stabilendo modalità, tempi, condizioni di esercizio del diritto e che fissa principalmente lo scopo che il fiduciario si impegna a realizzare.

L’unico riferimento normativo diretto è rappresentato dalla Legge 23 novembre 1939, n. 1966, recante la “Disciplina delle società fiduciarie e di revisione”. Essa ha come presupposto fondamentale la c.d. fiducia germanistica, la quale postula una “dissociazione” tra intestazione formale e proprietà sostanziale, rimanendo quest’ultima in capo al fiduciante, mentre al fiduciario viene conferita la sola legittimazione ad esercitare il diritto che gli è stato trasferito fiduciariamente con obbligo di ritrasferirlo al fiduciante o al terzo indicatogli.

A tal proposito, si rammenta che nei sistemi di civil law si distingue tradizionalmente tra fiducia romanistica e fiducia germanistica. La fiducia in senso romanistico è caratterizzata dal fatto che il fiduciario acquista a tutti gli effetti la “titolarità sostanziale” del bene o diritto e, contemporaneamente, si obbliga nei confronti del proprio dante causa ad un determinato comportamento. Nel caso della fiducia in senso germanistico, invece, il fiduciario è investito di un potere giuridico di disposizione, illimitato ma risolutivamente condizionato, sulla base di una “legittimazione formale”.

Sotto il profilo fiscale, la distinzione tra fiducia romanistica e germanistica non è priva di rilievo, soprattutto ai fini delle imposte indirette, e in particolaredell’imposta sulle successioni e donazioni.

Con circolare n. 3/E/2008 e circolare n. 28/E/2008 l’Agenzia delle entrate ha ritenuto esistente il presupposto della costituzione di vincoli di destinazione in ogni ipotesi di negozio fiduciario. Più precisamente, essa ha distinto i vincoli a effetto non traslativo, assoggettati a imposta di registro in misura fissa, dai vincoli a effetto traslativo, assoggettati all’imposta sulle successioni e donazioni.

Secondo quanto chiarito dall’amministrazione finanziaria, nei casi di intestazione fiduciaria di titoli azionari e quote di partecipazione societaria troverebbe applicazione il modello della fiducia germanistica, tenuto conto della natura di tali beni e delle rispettive regole di circolazione, e quindi della scissione tra proprietà “formale” e proprietà “sostanziale”.

Invece, nel caso di negozio fiduciario avente ad oggetto beni immobili, sempre in considerazione della natura peculiare dei beni e delle relative regole di circolazione, troverebbe applicazione il modello della fiducia romanistica non essendo configurabile la medesima scissione della proprietà “formale” rispetto alla proprietà “sostanziale”. Nella specie, le regole concernenti i requisiti di forma del contratto e, soprattutto, gli adempimenti pubblicitari connessi alla circolazione dei beni immobili di cui agli articoli 1350, 2643 e 2657 cod. civ., prescrivono che i contratti con cui si trasferisce la proprietà di beni immobili devono rivestire a pena di nullità la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione. In difetto di ciò, il contratto che trasferisce la proprietà di beni immobili non ha effetto nei riguardi di terzi.

In virtù di quanto sopra, l’amministrazione ha concluso che l’intestazione fiduciaria di beni immobili, non potendo dare luogo a una “dissociazione” tra intestazione formale e proprietà sostanziale, realizza un effettivo trasferimento di tali beni per il fiduciario e configura un rapporto basato sulla fiducia “romanistica”, con la conseguenza che trova applicazione l’imposta sulle successioni e donazioni. La posizione assunta dall’amministrazione finanziaria, con specifico riferimento al negozio fiduciario avente ad oggetto beni immobili, non è affatto condivisibile per tutta una serie di argomentazioni che inducono il contribuente, laddove si procedesse nei suoi confronti al recupero dell’imposta sulle successioni e donazioni, a doversi rivolgere al giudice tributario.

** Si precisa che la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 34/E/2022 consente di ritenere superato qualsiasi dubbio al riguardo. **

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IPOTECA SUI BENI CONFERITI NEL FONDO PATRIMONIALE

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Tra gli strumenti di protezione del patrimonio è possibile annoverare il fondo patrimoniale. Secondo quanto previsto dall’articolo 167, cod. civ., ciascuno o entrambi i coniugi, per atto pubblico, oppure un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale destinando determinati beni a far fronte ai bisogni della famiglia.

Da tale definizione appaiono subito evidenti quali siano i requisiti e le condizioni, ai fini della piena efficacia dell’istituto in parola. Prima di tutto, è requisito essenziale per l'implementazione del fondo patrimoniale il matrimonio (tale requisito finisce quindi per rappresentare un limite dell’istituto).

Invero, l’atto di destinazione dei beni al fondo, anche se realizzato prima che il matrimonio sia celebrato, si realizzerà solo al momento del sorgere del vincolo matrimoniale e, soprattutto, il fondo cessa nel momento dello scioglimento del matrimonio.

Altra peculiarità dell’istituto è che esso può avere ad oggetto soltanto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, oppure titoli di credito. Anche tale previsione distingue il fondo patrimoniale da altri strumenti di protezione patrimoniale (come, ad esempio, il trust) che, invece, non subiscono alcuna limitazione nemmeno da questo punto di vista.

Infine, è assolutamente rilevante il concetto di “bisogni della famiglia”, atteso che tali esigenze finiscono per limitare le possibilità di aggredire i beni destinati a tale scopo.

Secondo costante giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 10220/2018), la nozione di bisogni della famiglia va interpretata estensivamente in modo tale da contemplare, non solo quanto indispensabile alla vita della famiglia, ma anche le esigenze volte al “pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento delle sue capacità lavorative, con esclusione solo delle esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi”.

Dunque, la giurisprudenza adopera un criterio di tipo negativo tale per cui solo i bisogni di natura voluttuaria o speculativa non possono essere soddisfatti attraverso il fondo patrimoniale.

Molto complessa è, poi, la questione relativa alla riconducibilità dei debiti tributari e imprenditoriali (o professionali) al concetto di bisogni della famiglia, atteso che dalla strumentalità o meno rispetto al soddisfacimento dei bisogni della famiglia discenderà la legittima aggressione dei beni conferiti in fondo patrimoniale.

Al riguardo, la suprema Corte (Cassazione n. 8881/2018) ha affermato che, in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui all’articolo 77, D.P.R. 602/1973, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’articolo 170 cod. civ., e, dunque, è legittima solo se l’obbligazione tributaria è strumentale ai bisogni della famiglia, ovvero se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni. Tali circostanze non possono ritenersi dimostrate, ne escluse, per il solo fatto della insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa, di talché grava, in ogni caso, sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare la estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore.

Trattasi di principio dai risvolti pratici molto importanti. Appare evidente come la giurisprudenza di legittimità gravi il conferente di beni in fondo patrimoniale dell’onere di provare che il debito è stato contratto per soddisfare esigenze estranee ai bisogni della famiglia.

Anche di recente (Cassazione n. 26496/2024) i Giudici di vertice hanno ribadito che, in caso di iscrizione ipotecaria sugli immobili appartenenti ad un fondo patrimoniale, è onere del contribuente dimostrare l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia e la consapevolezza di tale estraneità da parte del creditore.

Da ultimo, con specifico riferimento ai debiti erariali, è bene prestare attenzione a non incorrere nella fattispecie criminosa della sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte prevista dall’articolo 11, D.Lgs. 74/2000.

Sul punto, è stato precisato che, ai fini dell’integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, la costituzione di un fondo patrimoniale non esonera dalla necessità di dimostrare, sia sotto il profilo dell’attitudine della condotta che della sussistenza del dolo specifico di frode, che la creazione del patrimonio separato sia idonea a pregiudicare l’esecuzione coattiva e strumentale allo scopo di evitare il pagamento del debito tributario; con la conseguenza che il giudice, ove la difesa prospetti l’esistenza di beni non inclusi nel fondo e di un valore tale da costituire adeguata garanzia, deve motivare sul perché la segregazione patrimoniale rappresenta, nel caso di specie, uno strumento idoneo a rendere più difficoltoso il recupero del credito erariale (Cassazione n. 9154/2015).

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AL FISCO LA PROVA DELLA NOTIFICA IN CASO DI PLICO CONTENENTE PIÙ ATTI

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

La pratica professionale ci pone sempre di fronte a fattispecie diverse di impugnazione. Si consideri l’ipotesi in cui il contribuente proponga ricorso avverso un atto impositivo, contestando (ad esempio) non il difetto di notifica del plico raccomandato, al cui interno vi è la lettera con la quale l’amministrazione lo ha invitato a restituire il questionario compilato e sottoscritto, ma la mancata allegazione del medesimo questionario da compilare e sottoscrivere.

Al riguardo, si rammenta che l’articolo 32, comma 1, n. 4, D.P.R. 600/1973, elenca i poteri di verifica e accertamento che gli uffici dell’amministrazione finanziaria possono esercitare per l’adempimento dei loro compiti. Tra gli altri, è previsto che gli uffici possano inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati.

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RIFORMA SUI CAPITALI: I VANTAGGI OFFERTI DALLE AZIONI A VOTO PLURIMO

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Storicamente, il nostro Paese non è mai stato caratterizzato da una legislazione positiva che incentivasse la competitività del mercato dei capitali. Non è un caso, infatti, che a partire dal 2013 ha iniziato a svilupparsi un preoccupante fenomeno di migrazione delle società italiane verso Paesi caratterizzati da un ordinamento societario più permissivo, che nel corso del tempo ha raggiunto dimensioni molto significative.

Tra gli altri, uno dei Paesi più scelti per il trasferimento all’estero della sede legale è rappresentato dall’Olanda che – guarda caso – offre una maggiore flessibilità nella disciplina del voto plurimo.

Dopo un tormentato processo normativo finalizzato a sostenere la competitività dei capitali, che è passato anche per l’emanazione del D.L. 91/2014, convertito nella L. 116/2014, il primo ad introdurre deroghe al principio one-share one-vote (ovvero, al rapporto di proporzionalità tra il diritto di voto e la partecipazione al capitale sociale detenuta da ciascun socio), il nostro legislatore è giunto alla pubblicazione della L. 21/2024 (c.d. Legge sui capitali).

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CREDITI PER RICERCA E SVILUPPO: RIVERSAMENTO SPONTANEO AL RUSH FINALE

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Uno dei temi che sta tenendo banco in questo periodo, è indubbiamente quello attinente alla procedura di riversamento spontaneo dei crediti di imposta per l’attività di ricerca e sviluppo.

Rammentiamo che la procedura di riversamento spontaneo, prevista dall’articolo 5, commi da 7 a 12, D.L. 146/2021, consente di regolarizzare, senza applicazione di sanzioni e interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3, D.L. 145/2013.

Tale procedura è riservata ai soggetti che intendono riversare il credito maturato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 e fino al periodo d’imposta in corso al 31.12.2019 (quindi, negli esercizi 2015-2019) e utilizzato indebitamente in compensazione fino alla data di entrata in vigore della norma che ha introdotto la procedura medesima, ossia fino al 22.10.2021.

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CONCORDATO BIENNALE: SIAMO INNANZI A UN RAVVEDIMENTO “TOMBALE”?

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Con la definitiva approvazione della legge di conversione del D.L. 113/2024 (cd. Decreto omnibus), in materia di concordato preventivo biennale, oltre alla riduzione alla metà delle soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie, è stato introdotto il ravvedimento speciale per i soggetti ISA.

In particolare, l’articolo 2-quater, D.L. 113/2024, stabilisce che i soggetti ISA aderenti, entro il prossimo 31.10.2024, al concordato preventivo biennale, possono beneficiare di un ravvedimento speciale per i periodi d’imposta 2018-2022, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Quindi, possiamo già notare come l’istituto in esame non offra una “copertura” totale, avendo ad oggetto soltanto le imposte sui redditi e le relative addizionali, nonché l’imposta regionale sulle attività produttive. Ciò significa che non è possibile escludere a priori alcuna rettifica ai fini IVA.

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CONCORDATO BIENNALE: SIAMO INNANZI A UN RAVVEDIMENTO “TOMBALE”?

di Angelo Ginex, Avvocato, Ph.D. in Diritto Tributario, TEP e Family Officer, Studio Legale Tributario Ginex & Partners

Con la definitiva approvazione della legge di conversione del D.L. 113/2024 (cd. Decreto omnibus), in materia di concordato preventivo biennale, oltre alla riduzione alla metà delle soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie, è stato introdotto il ravvedimento speciale per i soggetti ISA.

In particolare, l’articolo 2-quater, D.L. 113/2024, stabilisce che i soggetti ISA aderenti, entro il prossimo 31.10.2024, al concordato preventivo biennale, possono beneficiare di un ravvedimento speciale per i periodi d’imposta 2018-2022, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, nonché dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Quindi, possiamo già notare come l’istituto in esame non offra una “copertura” totale, avendo ad oggetto soltanto le imposte sui redditi e le relative addizionali, nonché l’imposta regionale sulle attività produttive. Ciò significa che non è possibile escludere a priori alcuna rettifica ai fini IVA.

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